La strage degli innocenti. QUEI MINORI NOSTRO PROSSIMO
- Categoria: EDITORIALE
- 20 Febbraio 2016
- Visite: 911
All’inizio era soltanto un sospetto. Da qualche giorno è una certezza. Sono almeno 5.000 le ragazze e i ragazzi di cui si sono perdute le tracce.
Sono giunti in Italia insieme ai 140.000 migranti sbarcati sulle nostre coste, ma non si sa dove siano andati.
I burocrati li chiamano minori non accompagnati, ossia giovinetti non ancora diciottenni, che hanno perduto il contatto con i propri genitori.
Non se ne sa nulla. Poche confuse notizie, ma tanto quanto basta per alimentare i sospetti più gravi. Sfruttamento, avviamento alla prostituzione, traffico clandestino di organi, lavori massacranti… Non si riesce a capire.
Se ci si guarda intorno, le preoccupazioni aumentano. Lungo tutte le rotte della migrazione, c’è un’umanità dolente che sparisce. Avviene nelle isole greche, lungo le piste balcaniche, nei sentieri dell’Europa occidentale… dappertutto.
È scandaloso, inaccettabile, indicibile. Mancano le parole giuste. Siamo dinanzi ad un vero e proprio genocidio. E… non se ne parla. Abbiamo celebrato la giornata della memoria e non ci siamo accorti che ancora oggi una folla di ragazzi scompare fra le case e i campanili d’Europa.
Non ci sono più alibi. Sì, è vero, c’è la crisi e mancano le risorse; ma chi fa sparire i bambini si prepara a fare affari sulla pelle degli innocenti. E questo non può essere accettato. Né si può pensare di andare a tavola, sapendo che un ragazzino potrà mangiare un tozzo di pane soltanto se china il capo e vende sé stesso. Non può essere, non si può accettare. Occorre fare qualcosa.
Dove non giunge lo Stato, dev’essere possibile l’iniziativa privata. Se il Papa ha invitato le Parrocchie ad ospitare le famiglie, altri organismi potranno organizzarsi per ospitare i minori non accompagnati.
Occorre ritrovare lo spirito del buon Samaritano e profittare della Quaresima per fare l’esperienza del percorso che da Gerusalemme porta a Gerico: una sorta di pellegrinaggio domestico per attrezzare le nostre dimore perché possano diventare città accoglienti.
Dopo la Pasqua potremo ritornare sui nostri passi e salire verso la città gloriosa, dove sarà bello ritrovare quelli che oggi si sono perduti.
Sono però tanti i giovani non accompagnati e occorrerà organizzarsi. Per qualcuno si può pensare ad una famiglia accogliente, con l’esercizio dell’affido. Per la gran parte si dovrà pensare a delle comunità di accoglienza organizzate con il concorso di alcuni istituti e di tante famiglie di buona volontà.
Le formule possono essere molteplici.
Basterà ricordare che ai piccoli occorre - per prima cosa - restituire un’identità, il loro nome e il loro cognome, la possibilità di ricucire un rapporto con la propria cultura e i propri affetti, perché non è consentito a nessuno espropriare una persona di quanto di più intimo le appartiene.
Nel rispetto di questa specifica identità, questi giovani vanno accolti, istruiti, educati, accompagnati nella conquista dell’autonomia e nell’esercizio della cittadinanza attiva.
Non possiamo pensare che la cultura dello spreco e dello scarto abbia tanto indurito i nostri cuori, da non consentire all’Europa e all’Italia di farsi vigilanti contro lo sfruttamento e la violenza a danno dei minori.
Né possiamo credere che non sia possibile accogliere, oggi, in Italia, i cosiddetti minori non accompagnati, ed accoglierli come nostro prossimo, come fratelli che le vicende della storia hanno spinto sul ciglio della nostra strada.
Nicola Paparella