Da che parte stare MAI RINUNCIARE ALLA SCELTA
- Categoria: EDITORIALE
- 20 Marzo 2016
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Come ospiti invadenti, i messaggi della pubblicità prendono dimora nei nostri pensieri e ci incantano già prima di convincerci. Un po’ alla volta si sostituiscono ai nostri giudizi, motivano le nostre azioni, determinano le nostre esperienze, si trasformano in criteri d’azione e in principi di orientamento personale.
In questo modo, nel passato, hanno più volte tentato di farci credere che la scelta giusta fosse quella del gregge: così fan tutti dicevano a proposito di un amaro rimasto famoso, e alla fine ci siamo anche convinti che conviene seguire il gruppo, adeguarsi a quel che fanno gli altri, a quel che vuole la maggioranza. …Esattamente come avvenne nel cortile di Pilato quando la folla scelse Barabba.
Ci hanno fatto credere che un maschio che si rispetti non deve chiedere mai. E qualcuno ha impiegato davvero poco per indossare gli abiti del sopruso e le vesti della prepotenza.
L’ultima trovata è la grande promessa della Tim: la libertà di non dover più scegliere.
In verità noi avevamo sempre creduto il contrario: che la scelta fosse l’essenza dell’atto libero ed avevamo sempre collegato la scelta alla decisione e alla responsabilità. Forse ci sbagliavamo o forse siamo rimasti indietro. Oggi, dallo schermo televisivo apprendiamo che è meglio non avere il peso della scelta, è meglio non aver nulla da decidere. Sembra una gran bella cosa. Ma non è proprio così.
Se togliamo alla persona l’avventura della scelta, la capacità di rendersi responsabile delle proprie determinazioni e se la esoneriamo dalla fatica della decisione, dov’altro si determinerà il suo profilo e la sua identità? Non restano che le performance, le prestazioni, i tempi del lavoro, le fatiche della quotidianità. Ciascuno conterà non per quello che crea, ma per i bulloni che saprà avvitare nella catena di montaggio. Persino i suoi desideri rimarranno incapaci di smuovere e di commuovere. Quel che conta sarà sempre e soltanto la pagina di internet o il messaggio della pubblicità.
Al confronto, l’incredulità di Tommaso, l’apostolo che non decideva senza aver prima messo le mani nel costato del Maestro, è ben poca cosa. Lui almeno sapeva che per decidere occorre scegliere e che ogni decisione comporta il peso della responsabilità. Egli decise e scelse, e pagò con il pianto quanto aveva troppo frettolosamente deciso.
Se ci liberiamo dall’onere della scelta, ci mettiamo nelle condizioni di ritrovarci ancora più poveri del buon Tommaso, ancora più smarriti dell’Apostolo esigente; ci piacerà rimanere tra la folla radunata sotto il balcone di Pilato: uno dei tanti, senza nome e senza volto.
Sorridiamo pure dinanzi alla pubblicità e magari accettiamo i suoi prodotti, ma prendiamo le distanze dai suoi consigli. I suoi slogan non possono sostituirsi ai nostri pensieri e le sue parole non possono diventare gli schemi delle nostre azioni.
Non possiamo lasciare ad altri la costruzione della nostra identità, non possiamo lasciarci convincere che è bello non aver nulla da scegliere, perché questo vorrebbe dire che altri hanno già scelto per noi. Hanno deciso di renderci consumatori obbedienti. Se qualcuno davvero pensa di affrancarci dal peso della responsabilità, non ci fa un favore, ma ci condanna ad una dipendenza mortificante; non ci offre una grande libertà, ma ci priva dell’unica magnifica libertà che ci è stata donata dall’Eterno: quella di decidere da che parte stare, quella di scegliere dove andare, di accompagnarci a chi riteniamo possa meritare la nostra attenzione e la nostra gratitudine.
Ed allora, nei giorni di Pasqua, anche se la folla dovesse urlare “Barabba”, accettiamo il rischio e la responsabilità della scelta: andiamo a cercare il nostro posto, ai piedi della Croce, per meritarci il cammino lungo le strade di Emmaus e la luce del Risorto. Auguri.
Nicola Paparella