Uomini di buona volontà. A LORO È PROMESSA LA PACE
- Categoria: EDITORIALE
- 20 Gennaio 2017
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Tornano, con il nuovo anno, le speranze di un mondo migliore e tornano gli inganni di sempre, anzi, con una forza sempre maggiore. Non abbiamo da temere l’inganno del vicino o i tradimenti del nemico. Ciò da cui facciamo fatica a difenderci è l’inganno che viene da noi stessi, dalle parole che adoperiamo, dai pensieri che lasciamo transitare nei noi nostri progetti di vita, dalle scelte che caratterizzano le nostre giornate. L’uomo tecnologico sta vincendo battaglie epocali, persino contro le forze della natura e però si lascia travolgere dai suoi stessi prodotti.
La conoscenza, ad esempio. Oggi sappiamo tutto, o forse così immaginiamo. Anche i bambini sanno che su internet si trova tutto. Basta imparare ad usare un telecomando o a pigiare le dita su una tastiera e il mondo ci viene in casa. E vediamo luoghi di cui non sapevamo nulla, persone che vivono a migliaia di chilometri di distanza, scene di vita che non ci appartengono. Vediamo e impariamo tante cose. La nostra conoscenza si accresce… Ma siamo proprio sicuri che sia davvero così?
Più di mezzo secolo fa, prima della guerra, un grande della poesia mondiale, Thomas S. Eliot, si chiedeva: Dov’è la vita che abbiamo perduto vivendo? / Dov’è la saggezza che abbiamo perduto sapendo? / Dov’è la sapienza che abbiamo perduto nell’informazione? La cultura sentì e si incantò; ma non volle o non seppe ascoltarlo. Nel 1948 gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura e poi lo si abbandonò all’oblio.
T. Eliot ci aveva avvertito: siamo proprio sicuri che il fiume di informazioni che ci sommerge non abbia sommerso anche la nostra sapienza e quindi la stessa capacità di capire che cosa ci sia utile e che cosa ci trascini verso il baratro? E siamo proprio certi di essere ancora capaci di lasciarci guidare dalla saggezza e di capire quali siano i valori autentici della vita? Non sembri sgarbato, allora, se vi esterniamo un piccolo dubbio: ha ancora senso scambiarsi gli auguri di buon anno e ripetere le parole che gli Angeli proclamarono nella notte di Betlemme: “Pace agli uomini di buona volontà”?
Gli uomini d’oggi forse non sanno più che cosa sia la pace e soprattutto non sanno che cosa voglia dire essere uomini di buona volontà.
Essere di buona volontà significa imparare a sentire il peso della indifferenza ed avvertire la nostalgia della luce; perché si possa capire dove stia e dove si nasconde la verità: scoprire, nel frastuono delle cose che si dicono, i mille frammenti di ciò che non si dice, capire, ad esempio, che la guerra non accade perché pochi malvagi la vogliono, ma perché molti signori perbene si arricchiscono con il commercio delle armi e con lo sfruttamento dei poveri.
Non si può volere la pace e girarsi dall’altra parte quando si vede la miseria e lo sfruttamento. Non si può volere la pace e non capire che il mondo chiede giustizia, ha bisogno di liberarsi dalla miseria, dalla fame, dalla malattia, dall’ignoranza.
Gli uomini di buona volontà non corrono dietro alle mode, non condannano per capriccio e non perdonano per simpatia; non amano il sopruso, non scelgono la “raccomandazione”, non vogliono l’ingiustizia, non concedono ascolto ai seminatori di zizzania, non aspettano che siano gli altri a fare la prima mossa.
Se oggi il Papa ci dice di essere non violenti, ricordiamo che anche la non violenza è una virtù attiva; è anzi, una permanente mobilitazione della persona a vantaggio della giustizia, della verità, della equità, della solidarietà e della pazienza (che è anche una lunga sofferenza).
E tutto questo vuol dire essere uomini di buona volontà. Uomini per i quali gli Angeli di Betlemme hanno promesso la pace. Auguri.
Nicola Paparella