La preghiera nella Bibbia Il dialogo oltre la storia
- Categoria: SECONDO LE SCRITTURE
- 22 Marzo 2014
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La preghiera è un’esperienza umana primordiale ed universale, pertanto non costituisce uno specifico della Bibbia. L’originalità biblica consiste piuttosto nel “come” e nel “perchè”.
L’uomo biblico si rivolge infatti ad un Dio che si è rivelato ed ha manifestato il mistero della sua volontà: “Con questa Rivelazione [...] Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (Dei Verbum, 2).
Tutta la Bibbia è allora preghiera, in quanto nata dal dialogo tra Dio che parla e l’uomo che ascolta, risponde e riflette davanti a Lui.
Perciò, seguire il tema della preghiera significherebbe percorrere tutto il cammino della Bibbia. Ovviamente ciò non è possibile. Pertanto, ci soffermeremo solo su alcune pagine significative che fanno emergere in maniera evidente le strutture costanti della preghiera.
La prima pagina è costituita dalla lunga preghiera di intercessione che Abramo rivolge a Dio per Sodoma e Gomorra (Gen 18,23-32). In questo episodio Dio e Abramo parlano e discutono familiarmente come due persone. La polvere sta di fronte alla roccia eppure la confidenza è più grande del timore: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere”. La radice di questa preghiera rispettosa e insieme confidente è la fede. Oltre che familiare la preghiera di Abramo è insistente. Abramo insiste, cortese ma fermo.
C’è, infine, un ultimo tratto: Abramo pone a Dio una questione: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio?” da cui “si intravede come per la Bibbia la preghiera sia il luogo privilegiato della rivelazione e della riflessione teologica, della ricerca e della scoperta del mistero di Dio” (B. Maggioni).
Accanto alla preghiera di Abramo possiamo porre quella di Mosè che intercede per il peccato del popolo che si è costruito un vitello d’oro (Es 32, 11-14.30-34). Mosè fa appello all’amore di Dio (“Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo...”), alla sua fedeltà (“Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso...”) e alla sua gloria (“Perché dovranno dire gli Egiziani: ‘Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra’?...”). La conclusione è la vittoria della preghiera: “Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo” (Es 32,14). Troviamo qui un altro tratto della preghiera: la preghiera trasforma. Anche se in apparenza sembra che sia Dio ad aver cambiato parere, in realtà è Mosè che ha cambiato opinione, passando dal Dio della collera al Dio del perdono.
Oltre alla preghiera di intercessione nella storia di Mosè e dell’Esodo c’è la preghiera della gioia e della meraviglia per l’agire potente di Dio. Si tratta della preghiera contenuta in Es 15 in cui si intreccia lode (vv. 2-3.6-7.11.18) e narrazione (vv. 1.4-5.8-10.12.17). “La preghiera nasce da una storia, da un gesto di Dio accaduto e fissato nella memoria, e nel contempo lo supera, cogliendo nel singolo gesto divino una costante, che si presenta come una chiave di lettura per il presente e come una promessa aperta sul futuro” (B. Maggioni).
Anche i Salmi raccontano la reazione di Israele di fronte ai gesti del Signore e ai casi della vita. Fondamentalmente i salmi sono riconducibili a tre generi: la gioia, la lode e il ringraziamento; il dolore, il lamento e la supplica; la riflessione sui problemi dell’esistenza. Così abbiamo gli inni di lode, i salmi di supplica, i salmi sapienziali.
Gli inni si caratterizzano come preghiera aperta, che guarda cioè al passato per aprire il presente alla fiducia e al futuro; ottimista, in cui la fede in Dio si esprime senza reticenze; contemplativa, che canta la gioia, l’abbandono in Dio, “il ringraziamento per il semplice fatto che egli esista” (G. Ravasi).
I salmi della supplica presentano le tante situazioni dolorose della vita per le quali si chiede l’intervento di Dio a motivo della sua bontà, misericordia e fedeltà. Spesso si concludono con il ringraziamento e ciò significa che al di là di tutto domina la fiducia. Così anche la supplica è una preghiera aperta e fiduciosa.
I Salmi sono stati la preghiera di Gesù, il quale li ha anche portati a compimento: sulla croce Gesù fa sua la domanda del giusto sofferente del Sal 22 (Mc 15,34) e il fiducioso abbandono del Sal 31,6 (Lc 23,46). La preghiera di Gesù era una preghiera innanzitutto filiale: Gesù si rivolgeva a Dio con il termine “Abbà” rivelando la relazione unica che lo lega a Dio. In quanto filiale, la preghiera di Gesù era obbediente (cf. Mc 14,36). In terzo luogo, la preghiera era per Gesù il luogo in cui riscopriva la propria missione (cf. Mc 6,46). I vangeli riportano inoltre espressioni esplicite della preghiera di Gesù: al primo posto la preghiera di benedizione e di lode (cf. Mt 11,25-26; Lc 10,21). Accanto a questa, la preghiera della domanda (cf. Gv 17; la preghiera di Gesù al Getsemani). Gesù non solo ha pregato, ma ha richiamato i discepoli alla necessità della preghiera perseverante e fiduciosa (cf. Lc 18,1; 21,36).
Anche l’apostolo Paolo, facendo eco alle parole di Gesù, esorta le sue comunità a pregare sempre, notte e giorno, in ogni necessità, senza scoraggiarsi (2Ts 2,11; Fil 1,4; 4,6; Ef 6,18; Col 1,3).
Da questa rapida panoramica emerge che la preghiera biblica si caratterizza essenzialmente come un dialogo tra Dio e l’uomo che ha uno stretto legame con la storia e la vita, ma che allo stesso tempo le trascende. “Se è vero che lo sguardo parte dall’esperienza quotidiana, dalla storia in cui si vive, dalle sue gioie e dai suoi drammi, è altrettanto vero che poi lo sguardo va verso Colui che è oltre la storia” (B. Maggioni).
di Michele Giannone